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CABARET, COMICITA' E SATIRA

Oscillare tra sacro e profano è sempre stata una puntuale esigenza umana. Oggi più che mai il cabaret, la comicità, la satira altro non sono che una via di fuga dell'uomo dalle vicende di quotidiano stress. Un minuscolo foro che allenti la pressione, rendendo l'esistenza vivibile se non migliore. Far ridere è sempre stato oggetto di grande speculazione intellettuale, filosofica, storica. La satira, in particolare, anima del cabaret, non ha mai abbandonato i temi rilevanti di stretta attualità quali la politica, la religione, il sesso e la morte addirittura. La stragrande maggioranza dei cabarettisti di oggi prediligono la satira nel loro repertorio. Si deve soprattutto a questa possibilità la diffusione su scala più larga della comicità in tempi moderni. La ricerca del ridicolo nella descrizione di fatti e persone ben si mescola con la ricerca del paradossale per produrre spunti di riflessione anche morale. Mettere in discussione l'autorità costituita è, di fatto, una delle attrazioni più irrinunciabili per l'essere umano. Da quando, a scuola, sempre c'era l'alunno più insolente che imitava a perfezione il professore temutissimo, così oggi nello spettacolo comico si applaude con fermezza colui che riesce a denunciare impunemente vizi segreti e attitudini meschine personaggi della vita pubblica che occupano posizioni di potere. Recentemente numerosi trasmissioni di approfondimento politico hanno inserito nella loro scaletta anche l'intervento di comici e noti cabarettisti in apertura o in chiusura di programma (ad es. Ballarò), a testimonianza di come il ruolo del cabarettista abbia ormai definitivamente assunto un'accezione sociale (forti anche di un linguaggio più diretto e non irretito dalle convenzioni sociali a cui devono, per forza di cose, sottostare i "potenti"). Nel 2006, la sentenza 9246 della Corte di Cassazione ha definito giuridicamente l'intenzione di satira: "Quella manifestazione di pensiero, talora di altissimo livello, che nei tempi si è addossata il compito di "castigare ridendo mores", ovvero di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene". Fu il filosofo francese Henri Bergson nel 1900 che per primo definì il comico un "castigatore sociale", concependo una volta e per tutte l'importanza strategica della risata come grimaldello per le coscienze. Cordialmente ULTRACOMICI.IT



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